lunedì 11 luglio 2011

Da Kiev a Mosca: non soltanto una translatio imperii

Kiev è la culla della Russia storica: le byline, poemi e poemetti incentrati sugli eroi del mitico passato russo, quasi invariabilmente gravitano attorno all'attuale capitale dell'Ucraina. Anche dopo la sua distruzione più o meno totale ad opera dei Tatari nel 1240, Kiev rimase il cuore pulsante dell'identità culturale russa – fino ad una data molto precisa. Ovverosia, l'8. Settembre del 1380 quando Dmitri Ivanovich della casata dei Riurikidi, principe di Mosca, sconfigge gli stessi Tatari nella leggendaria battaglia di Kulikovo (Куликовская битва).

Nei 140 anni intercorsi fra i due eventi, il baricentro politico e culturale dell'antica Russia si era spostato ben più dei 750 km che separano le due città. In un certo senso, l'ascesa di Mosca segna la nascita di una nuova Russia, che è poi quella moderna, a noi meglio nota.

La Russia di Kiev (o per meglio dire: la Rus' di Kiev) era un agglomerato piuttosto lasso di principati retti da un'élite politica di origine scandinava, privo di qualsiasi elemento coesivo che ci porterebbe a parlare di “stato” in senso moderno. I principe (knjaz) e i suoi sottoposti (la druzhina) si limitavano ad un più o meno elementare sfruttamento del territorio, che sostanzialmente continuava a vivere un'esistenza propria, più o meno indipendente da ciò che nella sede del principato andava verificandosi. Non esisteva nemmeno una tassazione coerente, finalizzata alla gestione dello stato e dei suoi bisogni: essa era sostituita dal diritto di razzia (kormlienilie, кoрмлениле) che lo knjaz attribuiva di volta in volta a questo od a quel membro della druzhina, e dal tributo annuo che le città direttamente od indirettamente sottoposte a Kiev, organizzate che fossero in principati o dipendenze (uyezd), erano tenute a pagare alla capitale. I vari principati erano fra di loro collegati una rete labilissima sostenuta dai legami di sangue e di famiglia, veri o presunti che fossero, con un grado di autonomia dipendente da fattori difficilmente standardizzabili: intraprendenza dello knjaz locale, ricchezza dell'entroterra e/o dei commerci passanti per il posad (= sobborgo mercantile) passavano...

Con l'invasione tataro-mongola, tutto è destinato a cambiare. Tanto per cominciare, la linea commerciale “dai Variaghi ai Greci”, che vedeva in Kiev una tappa intermedia più o meno forzata sulla rotta per Costantinopoli, si esaurisce a partire dal 1204. Con la caduta dei Comneni, Costantinopoli smette infatti di essere il principale hub commerciale del Mediterraneo cristiano – primato che si trasferisce in Occidente, spartito fra Venezia, Genova ed i porti Aragonesi.
Secondariamente, l'invasione Tatara colpisce duramente l'area corrispondente all'odierna ucraina, ma risparmia le zone nord-orientali dove la stella del principato di Vladimir-Suzdal' inizia a brillare sempre più forte. Il principato di Vladimir rappresenta una realtà anomala nel contesto dell'antica Rus': il vero e proprio fondatore del principato, Yuri Dolgoruki (= braccio lungo, 1099 - 1157), figlio cadetto di Vladimir Monomakh (1053 - 1125), si distacca inizialmente dalle vicende dinastiche di Kiev (en passant, ricordiamo che proprio il tardivo coinvolgimento sarà causa della sua morte), instaurando un dominio locale fortemente centralizzato, con una linea dinastica più chiara e lineare. L'approccio di Vladimir diventerà ancor più specifico nella figura del figlio e successore di Yuri, Andrei Bogolyubsky (1111 - 1174): oltre a sperimentare una linea patrilineare diretta che già rappresenta una novità per il mondo russo, Andrei si disinteressa quasi completamente delle vicende kieviane, preferendo rafforzare il suo dominio su Vladimir.
Vladimir è inizialmente lontana dalle più floride rotte commerciali: quello che nasce è quindi un principato basato sul capillare sfruttamento dei contadini, in cui i mercanti – vitali nell'ecosistema kieviano, giocano un ruolo secondario. Mancando i proventi determinati dallo sfruttamento dei commerci e dei relativi balzelli di passaggio, Yuri Dolgoruki (che non era chiamato “mano lunga” solo per il suo tardivo ma forte coinvolgimento nelle remote vicende di Kiev... ma anche per l'abitudine di mettere la mano nel borsello dei sudditi) e Andrei istituiscono un sistema di tassazione sempre più opprimente. Così, quando i Tatari arrivano e distruggono lo stato kieviano, non solo si limitano a lambire la propaggine più “innovativa” di quest'ultimo, ma paradossalmente lo rafforzano, incrementandone il peso specifico fra i principati superstiti. Ruolo che lo stesso Khan riconosce nominando il principe di Vladimir vielikij knjaz (= gran principe), titolo che prima spettava al signore di Kiev ed a lui soltanto. Nomina tutt'altro che disinteressata: compito del vielikij knjaz è soprattutto raccogliere i balzelli che poi andranno a rifornire le tasche dei tatari. In un contesto come quello russo del XIII secolo, l'esperienza di Vladimir nella raccolta e nella gestione della tassazione rappresentava una garanzia.
Mosca, fondata dallo stesso Yuri nel 1147, entra in gioco in questo momento. Essa fa parte del cosiddetto “anello d'oro”, Золото́е кольцо́, una serie di insediamenti che Yuri aveva disposto attorno alla sua capitale per proteggerla da eventuali invasioni. Costruita sulle rive del fiume Moscova, Mosca ha una posizione invidiabile: grazie ad un mix di reti fluviali e vie carovaniere, essa si trova ad essere la più orientale propaggine del sistema fluviale diretto al mar Nero, e la più occidentale di quello che, costruito sul Volga, porta verso il mar Caspio ed i khanati dell'Asia Centrale. Nel contesto rappresentato dalla pax mongolica e tataro mongola, si trova nella situazione ideale per sfruttare una nuova via commerciale. Potendo beneficiare, al tempo stesso, dello sfruttamento del latifondo alla base del sistema di potere di Yuri.
Nel 1303, Daniele, figlio cadetto del leggendario Alexander Nevsky, diventa principe di Mosca e distacca completamente il principato dal sistema di potere di Vladimir: negli anni seguenti, il suo discendente Ivan si impossessa di Vladimir. Nel 1327, il penultimo passo: complice la crescente influenza cattolica in area ucraina, determinata dall'inarrestabile espansione polacco-lituana, il metropolita di Kiev si trasferisce a Mosca dopo una sosta (30 anni circa) a Vladimir.
All'alba del 1380, Dmitri ha quindi forza economica, morale e politica per sfidare apertamente i Tatari. La vittoriosa battaglia di Kulikovo darà ai principi di Mosca, eredi di sangue del leggendario Alexander Nevsky (altro fattore senz'altro a loro favore), il risalto necessario per essere riconosciuti da tutti i Russi come l'unica speranza di riconquistare quell'identità culturale e politica cui Ivan IV si appellerà nel celebre discorso di incoronazione del 16. Gennaio 1547, proclamandosi “Zar di tutte le Russie”. Quindi non solo Vielikij Knjaz (titolo in qualche modo infangato dalla dipendenza dai Tatari), né soltanto Zar (= imperatore) dei Russi di Moscovia - come il padre Ivan III. Ma di tutti i Russi, anche di quelli sottoposti al maltollerato giogo polacco. In un certo senso, Ivan chiude quindi un ciclo di rinascita iniziato con la distruzione di Kiev – ma la sua Russia nulla ha a che fare con quella delle antiche byline. Stato centralizzato, rapace (e sotto di lui, semplicemente rapacissimo), fortemente militarizzato, dai forti connotati agricoli, retto da un governo autocratico quello concepito e sviluppato da Ivan, soprattutto nelle allucinate missive con Kurbsky. Ovverosia, l'immagine speculare del labile, impalpabile, “stato minimo” (se mai di stato potremo parlare...) che i Russi avevano ormai mitizzato nei racconti di Sviatogor e di Michail Potok.

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