Degli Slavi, il mondo antico sapeva pochissimo. Dei cosiddetti “Slavi dell'Est”, ancor meno.
Fatte salve alcune sporadiche attestazioni (per esempio, ne “La Germania” di Tacito, in cui popoli di sospetta e sospettabile origine slava sono effettivamente citati nei capitoli finali, poco più che en passant), gli Slavi appaiono sulla scena storica del mondo mediterraneo quasi all'improvviso, sul finire del VI secolo. La loro comparsa è travolgente: i cosiddetti “Slavi del Sud” irrompono nei Balcani, frantumando il dominio di Costantinopoli, confinando l'originaria componente etnica illirica nella regione corrispondente all'odierna Albania ed annientando quella tracia. Gli Slavi del Sud (da cui avranno origine i moderni Serbi, Croati, Sloveni, Bosniaci, Macedoni, Bulgari) sono popoli estremamente primitivi – ancor più primitivi dei Germani che li hanno preceduti sulla scena storica nell'ambito delle invasioni barbariche (o Völkerwanderung che dir si voglia). Da un certo punto di vista, rappresentano un'istantanea scattata sulle popolazioni indoeuropee del primo millennio a.C., come se queste fossero rimaste intrappolate a quel livello di sviluppo socioculturale per quasi millecinquecento anni. Gli Slavi del VI secolo non conoscono la vita cittadina – non possiedono nemmeno una parola per città. Il termine “gorod”, diffusamente conservatosi in quasi tutte le lingue slave, significa semplicemente “area recintata” (come l'omologo germanico “garden”) riflettendo le abitudini questi popoli perennemente in viaggio per le steppe dell'Asia centrale. Non hanno una cultura scritta, il che del resto era condizione comune a quasi tutti i popoli protagonisti del Völkerwanderung, ma a differenza dei loro predecessori non hanno nemmeno possesso di una capacità di scrittura in lingua straniera che permetta il fissaggio delle loro tradizioni. Anche lo sviluppo sociale è sorprendentemente elementare. Per prima cosa, sebbene i secoli seguenti e le correnti della storia ci rendano difficile scrutare le precise origini dei popoli slavi, possiamo riconoscere abbastanza distintamente le primitive tre funzioni indoeuropee, con una popolazione divisa - per usare un felice termine medievale, in oratores (sacerdoti), bellatores (guerrieri), laboratores (terza funzione o contadini/raccoglitori). Non abbiamo, cioè, quella complessa articolazione fra classi sociali propria della vita urbana mediterranea, ma nemmeno quella più basica riscontrabile in Franchi e Longobardi. Secondariamente, nella cultura slava delle origini latita il concetto di proprietà privata. La cosa sembrerà strana, agli occhi di noi moderni e pigri osservatori del XXI secolo – ma tutto ciò semplicemente riflette lo stato di persistente nomadismo di queste popolazioni. Non esistendo insediamenti stabili, la terra non può essere considerata una proprietà. La collettività, arrivando sul posto, ne prende possesso e la sfrutta quanto più possibile prima di riprendere la propria migrazione, sia con coltivazioni provvisorie, sia con il pascolo del bestiame – ugualmente in comune.
Da questo stadio invero estremamente primitivo, gli Slavi del Sud e dell'Ovest sono strappati dal contatto con popoli più evoluti – ovverosia l'Impero Romano nel primo caso, ed i regni Germanici nel secondo. Non casualmente, mentre gli Slavi del Sud sono tuttora eredi, culturalmente ed idealmente, della tradizione bizantina, quelli dell'Ovest vivono da quasi un millennio un rapporto di odio-amore nei confronti dei vicini di lingua tedesca e sono per loro tramite strettamente agganciati alla storia dell'Europa occidentale.
Per gli Slavi dell'Est la storia procede su un binario parallelo, ma molto più lento e difficoltoso. Dagli insediamenti primitivi sui fiumi Dniepr e Volkov, gli Slavi iniziano una lenta migrazione verso nord, verso est e verso sud, che li porta a sovrapporsi o spiazzare popolazioni ungro-finniche, il cui grado di primitività è forse più accentuato di quello degli stessi Slavi. Il risultato è una condizione di stallo, stridente con i processi che negli stessi secoli (VI – VIII secolo) portano alla lenta ma comunque decisiva formazione dei nuclei e delle identità culturali riconoscibili a distanza di oltre mille anni nella moderna Europa. E' in questo periodo, vale la pena ricordarlo, che la Britannia diventa Inghilterra e la Gallia si tramuta in Francia, mentre in Spagna ed in Italia il processo di fusione fra Visigoti e Longobardi arriva con infinita difficoltà ad esiti fruttuosi.
Lo stallo quasi millenario degli Slavi dell'Est è stato recentemente messo in dubbio: sulla base di una supposta origine scitica degli Slavi – ma di questo magari parleremo in un'altra occasione, e partendo da alcune sporadiche attestazioni in storici occidentali coevi, gli storici russi moderni hanno ipotizzato l'esistenza di un primitivo stato slavo di pesante impronta turanica (ovverosia, turca) localizzato sui bacini dei grandi fiumi dell'Europa orientale, il cosiddetto “Khaganato di Rus'”. A distanza di quarant'anni dalla sua primitiva formulazione, le prove di questa entità statuale tuttora latitano.
Secondo la tradizione, dal pantano primitivo gli Slavi dell'Est sarebbero stati “salvati” dall'arrivo provvidenziale di avventurieri di origine scandinava. Così almeno scrive il monaco Nestore, nella cosiddetta “По́весть временны́х лет" (lett. Cronaca dei Tempi andati), un testo redatto in Slavo ecclesiastico in area culturale kieviana intorno al 1113.
Doverosa premessa: il testo della Cronaca di Nestore (altresì nota come: Cronaca Primaria) dev'essere oggetto quantomeno di un'analisi molto critica, oscillando questa verso una semplificazione agiografica e favolistica ancor più spinta di quanto riscontrabile in omologhi occidentali (si pensi alla Historia Langobardorum di Paolo Diacono). Prima di tutto solo il “nostro” Nestore era personaggio di livello culturale trascurabile rispetto ai vari Isidoro di Siviglia, Paolo Diacono, Beda il Venerabile e così via. Secondariamente, pur parlando di eventi storici “laici”, lo fa ricorrendo agli stilemi propri della letteratura di ambito religioso, ed interpretando (volente o nolente) i fatti storici attraverso i rigorosi paletti imposti dall'imperante cultura cristiana. Terzo aspetto, forse il più importante: Nestore non aveva fonti scritte, quantomeno per queste fasi iniziali, che quindi erano ancor più lontane dal suo orizzonte culturale di quanto il mero dato cronologico lasci intendere.
Riassumendo gli eventi: secondo Nestore, tutto ha inizio nell'anno di Nostro Signore 859 (o per meglio dire, citando la dizione originaria dell'Autore, nell'anno 6367 dalla Creazione del Mondo...), quando avventurieri di origine scandinava chiamati “Variaghi” (Варяги) impongono insopportabili tributi alle pacifiche popolazioni slave ed ungro-finniche (ovviamente, si tratta di schematismo moderno: Nestore parla di Chudi, Slavi, Meri, Vesi, Krivichi) dell'odierna Russia. Pacifici finché si vuole, questi “proto-Russi” si dimostrano refrattari al tema “tasse”/”tributi” né più né meno dei loro successori e così, nel giro di un paio d'anni, scacciano gli avventurieri Variaghi e decidono di autogovernarsi. Il risultato: per usare le parole di Nestore “non ci fu legge presso di loro, ma ogni tribù si ergeva contro l'altra tribù”. Ennesima prefigurazione della storia Russa moderna, potremmo dire. Realizzato che questo stallo rischia di mandare tutto in malora, gli anziani delle varie tribù trovano un punto d'accordo sul fatto che serva un capo comune che “possa governare e giudicare secondo la legge”. Meglio ancora se questo capo, magari, venisse dall'esterno, in modo da essere del tutto alieno alle beghe secolari che dividono le varie popolazioni. Risultato: nell'anno 862, i nostri invitano un altro uomo di Scandinavia, Riurik, a venire presso di loro diventandone il principe. Riurik non è un “variago”, ma un uomo di Rus'. Entra così in scena il nome che caratterizzerà popoli e realtà statuali localizzate in quest'area geografica. Cosa Rus' significhi e quale sia il suo vero significato ahimé lo ignoriamo. Sappiamo che alcuni Rutsi comparvero alle corti dei Re Franchi intorno all'inizio dell'VIII-IX secolo – ma da qui a dire che si trattasse degli stessi Rus' di Nestore il passo è fin troppo lungo. Comunque sia: Riurik non arriva da solo, ma approda in quella che sarà la fugura Novgorod accompagnato da due fratelli – Truvor e Sineus, e dai membri di quelle che potremmo definire le rispettive “fratrie”. Ovverosia: gruppo di armati che al principe sono legati da un patto di fedeltà. In russo medievale, del tutto analogo alla trustis franca (l'origine dalla radice di trust – ovvero fidato è abbastanza palese), prenderà il nome di druzhina – da drug, parola che indica amico o compagno anche in russo moderno. Truvor e Sineus spariscono abbastanza in fretta dalla narrazione, assegnati alla gestione delle città di Belozerk e Izborsk: con ogni probabilità, si tratta della “solita” personificazione del cosiddetto “fratello sacrificale”, una figura mitologica tipicamente presente in tutti i miti della fondazione indoeuropea, in cui il creatore di una nuova entità statuale sancisce il proprio atto di fondazione sacrificando la vita del fratello, appartenente per altro ad una funzione sociale diversa.
Comunque siano andate le cose, sempre secondo Nestore, nel giro di pochi anni a Riurik sarebbe succeduto un certo Oleg, che quindi avrebbe trasferito la sua capitale a Kiev, nel frattempo fondata da due nuovi avventurieri di origine variaga, lì chiamato dalla popolazione slava esasperata dai fondatori – per altro “non nobili”, dettaglio che nuovamente ripropone il tema del “fratello sacrificale”.
Che le cose siano andate esattamente così, possiamo ovviamente dubitarlo – anzi: sarebbe da pazzi credere che le cose si siano svolte secondo il testo nestoriano. D'altro canto, alcune cose possiamo prenderle per buone – anzi: per verità storica.
Verità storica è che il percorso dei grandi fiumi russi fu solcato, a partire dal IV-V secolo, da avventurieri di origine scandinava che, risalendo il corso del Volkov a nord, e quindi discendendo verso sud sfruttando Volga e Dniepr, riuscivano a raggiungere il mar Nero e da quello Costantinopoli, lì portando materie prime (pelli, metalli non lavorati, ambra, legname...) in grande quantità grazie al favorevole regime di venti e di correnti fluviali, e da lì riportando più maneggevoli prodotti lavorati nelle terre del Nord. Si tratta della cosiddetta “rotta commerciale dai Variaghi ai Greci”, oggi considerata il primo vero aggregatore dello stato Russo. Lasciando da parte le favolette nestoriane, è ragionevole che i commercianti di origine scandinava, che questa via avevano più o meno monopolizzato, avessero stabilito dei posti di rifornimento e di scambio lungo il percorso delle rotte commerciali, rinsaldando quelle aree che meglio si prestavano a diventare porti fluviali. È altrettanto comprensibile che questi empori fossero fortificati e difesi da soldati più o meno professionisti, che ovviamente in una prima fase erano della stessa componente etnica dei commercianti i cui traffici andavano a proteggere.
Ciò che probabilmente i Variaghi (o Rus' …) non avevano previsto fu che questi empori fortificati si trasformassero in rapidi nuclei di aggregazione per le popolazioni slave. In altre parole: la civiltà urbana russa nasce nel IX secolo circa, sulla spinta di necessità commerciali. Abituati come siamo ad immaginare l'orso russo come grande e sonnacchioso latifondista, aggrappato tenacemente ad un'economia di bieco ed improduttivo sfruttamento delle campagne, pensare che la Russia sia nata grazie ai commercianti potrà sembrare strano – eppure su questo gli storici moderni hanno ben pochi dubbi.
Ugualmente pochi dubbi ci sono sulle difficoltà di fusione fra queste due componenti. Sebbene in meno di un secolo i principi russi esibiscano nomi indubitabilmente slavi, fino al tracollo dello stato kieviano nel corso del XIII secolo, principi (= knjaz, derivato dalla stessa radice del tedesco König) e loro druzhina vivono una vita parallela e separata dai contadini e dai commercianti, sui quali esercitano la propria autorità politico-militare in sole tre occasioni: all'atto di difenderli in caso di incursioni nemiche, per amministrare la giustizia, per razziarli o taglieggiarli in caso di necessità.
Come spesso accaduto nel corso del XIX secolo, le origini della Rodina (= patria russa) sono state ampiamente mitizzate, e soprattutto i soprusi esercitati ai danni dei contadini slavi ed ungro-finnici sono stati più o meno rimossi, così come le infinite difficoltà patite per la costituzione di uno Stato degno di questo nome. In realtà, possiamo affermare che i primi cento anni della storia della Rus' – in questo caso, della Rus' di Kiev, in quanto l'odierna capitale ucraina rappresentava il principale insediamento urbano – siano segnati dal difficoltoso processo della casata di Kiev di imporsi su tutte le aree appartenenti alla rotta commerciale verso e da Costantinopoli, e dal tragico insuccesso del tentativo dei più brillanti fra i sovrani kieviani di trasformare lo sfruttamento di terre e contadini in amministrazione.
Facciamo un piccolo passo indietro, e riprendiamo le fila della narrazione. Pur con tutti i limiti, il monaco Nestore racconta un fondo di verità, testimoniato dall'etimologia del nome Riurik. Come per tutti i suoi primi successori, abbiamo di fronte una patina slava che va a ricoprire un nome tipicamente nordico: in quell'epoca, piuttosto diffuso in area norvegese (e forse questo potrebbe spiegare i contrasti con i variaghi, provenienti da tutt'altra area, corrispondente all'odierna Svezia) era il nome Hoerekr, a sua volta derivato dal Germanico Comune (II-III sec a.C.) hrōþi-rīk(i)az (= ricco di fama, nome perfetto per un avventuriero potremmo dire...) ed esitato nell'odierno Roderick, sicuramente non frequentissimo, ma comunque abbastanza famigliare. Allo stesso modo, il nome del figlio di Rurik, Igor è semplicemente la resa in antico slavo dello svedesissimo Ingvar, quello di Oleg (successore di Rurik) ed il suo femminile Olga degli altrettanto vichinghi Helgi ed Helga
Benché la linea dinastica dei Riurikidi si sia estinta nel 1598, studi condotti sui resti di membri di questa casata e sui loro parenti più prossimi (ad esempio, la Regina Anna di Francia) hanno permesso di dimostrare una stretta parentela con popolazioni finniche e svedesi, e scarsissime analogie genetiche con i popoli slavi. Il che, oltre a confermare la tradizione di Nestore, mostra in modo chiaro ed in qualche modo inquietante la scarsissima fusione che questi popoli ebbero con gli slavi dell'Est: pur acquisendone nomi e lingua, essi rimasero cioè un corpo estraneo, ancora di più di quanto il semplice acconto storico lascerebbe intendere.
Come spesso accade con i primi sovrani di una tradizione statuale, ricostruire cos'abbiano fatto realmente e perché Rurik ed i suoi immediati successori Igor ed Oleg è piuttosto complesso. Prima di tutto, perché parlare di “Stato Russo”, “principi” e quindi anche di “successori” è piuttosto prematuro: i Rus' erano senz'altro in grado di raccogliere masse di armati anche considerevoli (ed in effetti gli acconti storici contemporanei li vedono muoversi contro Greci, Arabi, Germani, in cerca di prede e razzie), ma l'organizzazione territoriale che si erano dati non aveva nemmeno un barlume di “amministrazione” territoriale. A ciò aggiungiamo il fatto che i “fondatori” vedono spesso e volentieri la propria figura storica ammantarsi di eventi a dir poco estranei, e per le più diverse ragioni: motivazione leggendaria di usi e costumi, trasferimento in ambito storico di episodi narrativi di origine mitica... si pensi ai celebri sette Re di Roma, od ai monarchi cinesi della dinastia Xia... Lo stesso vale per Rurik, Igor ed Oleg.
Al di là dei miti e delle leggende, un dato storico traspare piuttosto bene. Come abbiamo visto, al suo approdo a Novgorod, Rurik lì resta, e nel mentre invia i fratelli a governare altre città. Alla morte, non gli succedono né il figlio Igor né uno dei due fratelli (di cui del resto non sappiamo più nulla non appena le strade divergono da quelle del mitico fondatore), ma il cognato Oleg. Il quale inizia la progressiva occupazione di tutti gli insediamenti lungo il corso dello Dniepr. Ovverosia: la dinastia dei Rurikidi non possiede una vera e propria linea dinastica patrilineare, come un millennio di storia dinastica europea ci ha abituato a considerare normalità. Il regno è proprietà collettiva della famiglia, o meglio ancora del “clan”, il cui capo viene inizialmente nominato dal consesso degli uomini armati, per essere quindi identificato secondo la linea generazionale maschile: prima tutti maschi di una determinata generazione, secondo l'ordine gerarchico (prima i fratelli, e quindi i cognati), e solo al loro esaurimento si passa alla generazione seguente.
Secondo la tradizione, la continua espansione del dominio dei Rus' spinge Oleg a due passi fondamentali. Per prima cosa, trasferisce la capitale a Kiev. Si tratta di un gesto di enorme rilevanza, che merita di essere interpretato. Novgorod si trova nell'estremo nord della Russia, non lontano dall'odierna San Pietroburgo: grazie all'ottima posizione sul corso del fiume Volkov, possiede uno sbocco indiretto (tramite il lago Ladoga) al mar Baltico. E' quindi per sua natura aperta ai commerci con il mondo nord Europeo. Kiev, pur trovandosi sulla stessa rotta commerciale Scandinavia-Costantinopoli, è localizzata ai confini meridionali dei territori slavi, e tramite le ricche vie fluviali rappresenta una vera e propria testa di ponte rivolta sia verso i Balcani che verso il medio oriente. Con il trasferimento della capitale a Kiev (intorno ai primi anni del X secolo) si ha cioè un ribaltamento totale della politica del nascente stato Rus', che sceglie di rivolgersi verso il meridione e l'oriente. La prima manifestazione pratica di questo nuovo orientamento politico è l'assedio che una spedizione Russa mette in atto ai danni di Costantinopoli prima nel 907 e quindi nel 911. Di quest'ultima spedizione – va detto, poco o nulla ci resta dalle fonti elleniche: fatto sorprendente quando si pensi che con la regnante dinastia macedone Costantinopoli stava sperimentando una vera rinascenza culturale, fatto che potrebbe spingerci a dubitare della sua storicità. Senz'altro favolistica è poi la conclusione di quest'incursione. Data l'incapacità dei Russi di conquistare Costantinopoli (l'elenco di chi andò a schiantarsi contro le mura teodosiane è invero sterminato, come dimostrano quasi mille anni di assedi risoltisi in un nulla di fatto), Oleg e l'Imperatore (ragionevolmente Leone VI il saggio o Alessandro III) giunsero ad un accordo, per la cui celebrazione era previsto un brindisi benaugurale. Oleg, che oltre ad essere un condottiero militare era anche un profeta, avrebbe “visto” il veleno nel calice a lui assegnato, rifiutandosi di consumare il vino. Il fatto, secondo il “buon” Nestore avrebbe ribadito le doti profetiche del condottiero kieviano, spingendo i Greci ad un vantaggioso trattato di pace. Sebbene l'evento abbia contorni invero favolistici, va detto che complotti del genere fossero abituali alla corte dell'Impero Greco Medievale: un paio di Khan Bulgari, più o meno negli stessi anni, furono eliminati in analoghi tranelli, che certo non fanno onore ai Signori di Bisanzio (ma questa è un'altra storia...).
Le doti profetiche di Oleg non emergono del resto solo in questo episodio, e sarebbero state, sempre secondo Nestore, una delle ragioni del suo successo. Nestore chiama infatti Oleg con il palese epiteto di вещий (vieschii), ovvero “profeta” o meglio ancora “veggente”, fatto che rende la sua storicità ancor più sospetta. Nella tradizione indoeuropea la tipica sequenza vede infatti il re fondatore (qui Riurik) dagli indubitabili caratteri guerrieri seguito da un monarca particolarmente a suo agio con le questioni religiose e magiche (Oleg). Ugualmente molto primitivo è il mito relativo alla morte di Oleg. Secondo la tradizione indoeuropea, il Fato ha un potere supremo: per quanto possiamo fare, anche conoscendo in anticipo l'esito finale degli eventi, non saremo mai in grado di mutarlo. Basti pensare a re Laio che, temendo la morte per mano del proprio figlio, cerca di metterlo a morte... semplicemente innescando gli eventi che alla sua morte violenta effettivamente porteranno! Con Oleg avviene lo stesso: avendo visto che il suo stallone gli darà la morte, lo fa uccidere e seppellire con tutti gli onori (altro lineamento culturale molto arcaico: i cavalli erano effettivamente oggetto di un culto religioso in epoca preistorica). Alcuni anni dopo (nel 912 o nel 922, le fonti sono contraddittorie), recandosi sul tumulo funerario del fido e sfortunato stallone, una vipera compare all'improvviso e lo morde nel tallone, uccidendolo.
Il puzzle delle vicende umane di Oleg è stato inaspettatamente ricomposto all'inizio del secolo, con la scoperta della cosiddetta “Lettera di Schechter”, un testo rinvenuto casualmente da Solomon Schechter nella Genizah del Cairo. La “Lettera di Schechter” è un testo di area Kazara, risalente al X-XI secolo d.C. I Kazari sono un popolo di dubbia origine (forse mongolica, forse turca, forse ungara) che – tra VII e XI secolo costituì un potente impero nell'area compresa fra Mar Nero e Mar Caspio. Inizialmente pagani, i Kazari si convertirono all'ebraismo intorno al 670 d.C., evento di cui esistono due versioni contrastanti. Secondo l'interpretazione “classica”, i Kazari, compresi fra l'Impero Cristiano di Costantinopoli e quello Islamico di Damasco, avrebbero scelto l'ebraismo per non schierarsi né con gli uni né con gli altri. La lettera di Schechter ci da una versione diversa, ed in qualche modo più realistica, attribuendo la conversione dei Kazari alla migrazione degli ebrei provenienti dall'Impero (perseguitati da Eraclio, Giustiniano II, Leone III e Romano I Lecapeno) e dalla Persia a seguito delle persecuzioni Sassanidi e della conquista islamica del Paese. Ciò basterebbe a farne un documento di grande importanza storica, contribuendo a spiegare in modo molto più coerente le particolarità del giudaismo di area slava. A rendere il testo ancor più prezioso, in esso viene citato un fantomatico signore della guerra russo di nome HLGW (o meglio: הלגו) (il documento è redatto in ebraico, e pertanto non marca le vocali), responsabile della conquista di Kiev, di varie tribolazioni ai danni degli stessi Kazari, nonché di una spedizione ai danni dei FRS, un popolo che la stessa lettera identifica con i Farsi, ovverosia i Persiani. Spedizione durante la quale sarebbe quindi morto, piuttosto ingloriosamente. La tentazione sarebbe quella di identificare HLGW con Helgi, ovverosia Oleg... non fosse altro che il testo kazaro fa riferimento anche all'Imperatore Romano Lecapeno, il quale ascese al trono di Costantinopoli in un colpo di stato molti anni dopo la morte del citato Leone VI, ovverosia nel 920. Una datazione che, per quanto contraria alla tradizione, è in realtà molto “comoda”. Accettandola, diventa possibile identificare Oleg nell'anonimo capo dei Rus' che, secondo lo storico persiano Abu 'Ali Ahmad ibn Muhammad ibn Ya'qub Ibn Miskawayh (932-1030) (ابن مسكوويه) avrebbe condotto una spedizione contro il regno arabo-persiano di Arran, l'antica Albania del Caucaso, corrispondente all'odierna area del Causano. Spedizione, guardacaso, conclusasi con la morte dell'anonimo invasore. A quadrare il cerchio, mentre della spedizione del 911 nulla viene scritto dagli storici bizantini, un conflitto fra Romani e Russi viene accuratamente narrato da Iohannes Skylitzes ed attribuito all'anno 941, concludendosi con un trattato di pace nell'anno 944, che gli storici russi antichi attribuiscono al semi-leggendario Igor Rurikovic (ovverosia, figlio di Rurik).
Accettando che Oleg semplicemente copra un vuoto narrativo, e che al suo nome siano attribuiti eventi in realtà compiuti da varie figure storiche, si rende anche merito dell'estrema distanza fra Riurik ed Igor, quasi sessant'anni!, che rendono molto difficile accettare l'uno come padre biologico dell'altro.
Buongiorno a te con il mio nome Conholi, vengo dagli Stati Uniti, non devi solo soffrire così tanto nella vita matrimoniale. Il dott. OMOOGUN è in grado di gestire senza indugio tutti i problemi relazionali, ma se ti stai innamorando guai in esso devi fare tutto ciò che ti farà sentire indietro e libero dal cuore per proteggere la relazione perché l'amore della vita non è facile da lasciar andare, quindi ero vittima di problemi di relazione il mio partner stava avendo una relazione fuori quando sono sempre al lavoro per far andare avanti la famiglia quando me ne accorgo, la mia vita era in crisi e non ho mai lavorato bene per sostenere la famiglia, ma quando mi imbatto in un blog su come il dottor OMOOGUN ha salvato i matrimoni, sono stato molto felice di informarlo la mia depressione, ma ora sono felice e il matrimonio è ben protetto contattare e-mail omooguntempleofanswer@gmail.com o whatsapp su +2348149416142 ma una cosa che devi sapere è la fiducia e credere che sarai di aiuto da lui fidati di lui lo prometto sei un buon risultato
RispondiEliminaBuongiorno a te con il mio nome Conholi, vengo dagli Stati Uniti, non devi solo soffrire così tanto nella vita matrimoniale. Il dott. OMOOGUN è in grado di gestire senza indugio tutti i problemi relazionali, ma se ti stai innamorando guai in esso devi fare tutto ciò che ti farà sentire indietro e libero dal cuore per proteggere la relazione perché l'amore della vita non è facile da lasciar andare, quindi ero vittima di problemi di relazione il mio partner stava avendo una relazione fuori quando sono sempre al lavoro per far andare avanti la famiglia quando me ne accorgo, la mia vita era in crisi e non ho mai lavorato bene per sostenere la famiglia, ma quando mi imbatto in un blog su come il dottor OMOOGUN ha salvato i matrimoni, sono stato molto felice di informarlo la mia depressione, ma ora sono felice e il matrimonio è ben protetto contattare e-mail omooguntempleofanswer@gmail.com o whatsapp su +2348149416142 ma una cosa che devi sapere è la fiducia e credere che sarai di aiuto da lui fidati di lui lo prometto sei un buon risultato
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